da Istituto Bruno Leoni www.brunoleoni.it/
5 maggio 2014
Tra la possibilità di mantenere gli esercizi commerciali aperti anche nei giorni festivi e l'obbligo di tenerli chiusi per legge corre esclusivamente una differenza: il grado di libertà riconosciuto ai dettaglianti.
Nel primo caso, i negozianti - gestiscano un piccolo esercizio o un grande magazzino - decidono da sé se restare chiusi. Nel secondo, sono costretti a tenere la saracinesca abbassata.
Dal 2012, in Italia, dopo anni di tentativi e sperimentazioni, tra le due regole vale la prima: la scelta di apertura o chiusura è lasciata ai commercianti, anziché essere imposta con legge.
Questo primo maggio, Festa del lavoro, si poteva prendere la prima o la seconda strada. Una scelta effettuata dai datori di lavoro, rispetto alla quale i lavoratori - perdendo una giornata di riposo - sono comunque remunerati in maniera superiore rispetto al normale giorno feriale.
In decenni di protagonismo sindacale, ci siamo convinti che il lavoro è un campo di battaglia tra signori e servi. Non sorprende, allora, che in questa sorta di neolingua la liberalizzazione degli orari venga considerata alla stregua di un obbligo di apertura. Ma se ciò fosse vero, non ci sarebbe tuttavia bisogno di emanare specifiche ordinanze comunali per vietare l'apertura, ossia per imporre l'obbligo di chiusura, come avvenuto ad esempio a Lamezia Terme.
Chiedendo ai propri collaboratori di lavorare nei giorni di festa si domanda un sacrificio. Ma i lavoratori non sono schiavi al giogo dei padroni. A maggior ragione, se si crede che l'elaboratissimo ordito di regolamentazioni lavoristiche funzioni effettivamente a loro tutela. In Italia vige un tetto massimo di ore settimanali, e lo straordinario è remunerato, per l'appunto, secondo criteri che vanno oltre la compensazione ordinaria.
Il che, detto per inciso, è una piccola grande opportunità, in tempi di crisi come quelli in cui viviamo.
Nessuno dispone della formula magica per farci tornare a crescere, ma una cosa è certa: per poterlo fare, abbiamo bisogno di più occasioni di scambio, di più traffici, di più commerci. Insomma: di tenere alzata la saracinesca.
Poter tenere aperte le attività quando lo si ritiene opportuno è un modo di poter venire incontro alle domande dei consumatori. Mentre il ministro della cultura Franceschini non è riuscito a convincere i sindacati a tenere aperti il primo maggio il Colosseo e gli Uffizi, l'apertura di Pompei ha fatto registrare un aumento dei visitatori del 31%. Chi non perde occasione per proclamare che la cultura non ha prezzo, potrebbe dedurne che l'apertura festiva non è solo una questione venale.
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