domenica 11 maggio 2008

Strategie di investimento (4)

Stiamo dicendo che , per un investitore "dilettante" , è più consigliabile investire in azioni meno speculative e più solide in modo da non essere colto dal panico anche se queste scendono, come abbiamo visto prima ,   di 2/3. Le definizioni di azioni meno speculative e più solide si sprecano , e vanno dalla rilevazione della loro volatilità , al loro rapporto debt/equity , alla costanza della propria redditività , ecc : internet è prodiga di definizioni ed informazioni .
Guardando ai rendimenti passati di alcuni portafogli o indici possiamo concludere che le azioni con dividendi elevati e costanti /crescenti forniscono una utile indicazione  per la scelta perchè conferiscono un ulteriore aspetto rassicurante al solito azionista ansioso : male che vada avrà un rendimento dal suo investimento. Una avvertenza : non tutti i Paesi hanno lo stesso trattamento fiscale sui dividendi ; i Paesi scandinavi , la Svizzera e la Francia hanno trattenute molto  più elevate di UK , USA , Irlanda , Belgio e Olanda . 
Dall'altro lato va fatto notare che le aziende che remunerano molto gli azionisti , talvolta lo fanno per dare maggiore attrattività ad una azione che ha delle debolezze : potrebbe essere molto indebitata , avere una redditività a malapena sufficiente per la distribuzione dei dividendi , avere scarse prospettive a breve ; quindi un elevato dividend yield non può essere un elemento fortemente discriminante nella scelta.
Un altro elemento importante è la redditività dell'azienda . Sia Haugen che Greenblatt hanno comunque dimostrato che questo requisito ha una elevata correlazione con i risultati a lungo termine . Greenblatt parla di ritorno sul capitale per il funzionamento o , nella versione per investitore "fai da te " , di ROA . Haugen ha effettuato un test su dieci anni a cavallo del 2005 utilizzando un modello a due variabili inserendo il margine di profitto invece del ROA ed ha ottenuto un ritorno medio del 19 % contro una performance del 24,5 % del suo modello , che è molto più complesso e comunque non utilizzabile dal comune investitore. La scelta dell'indicatore è fondamentale : se usiamo il ROA escludiamo la maggior parte delle utilities e delle istituzioni finanziarie , cosa che non avviene se ad esempio usiamo il ROE o altri indicatori di redditività . Questa è una scelta difficile : dimentichiamo per un momento la attuale congiuntura particolarmente negativa per le banche e le società finanziarie in generale , e scopriremo che molte delle società che fino ad ieri hanno distribuito i dividendi più elevati sono le società finanziarie e le utilities .
Potremmo ancora riprendere quel commento relativo alla entità della redditività congiunta ad un P/E basso .  Le imprese con una minore capitalizzazione di borsa hanno maggiori probabilità di rispondere a quei requisiti ; se si usa ad esempio il metodo Greenblatt e si dà uno sguardo alle imprese selezionate si ha una conferma lampante di questa affermazione . Le imprese più piccole hanno molti pregi : uno fra tutti è la possibilità che diventino target di acquisizione  e , se questo avviene in un vero mercato finanziario , possono quindi vedere crescere il prezzo delle proprie azioni , a tutto vantaggio anche degli azionisti di minoranza . Un difetto delle imprese piccole è che il prezzo può essere molto più variabile e si hanno molte meno informazioni sulle stesse . 
Ancora una considerazione sui parametri che possono essere utilizzati per la scelta delle azioni da acquistare . In genere si fa riferimento a dati relativi all'anno precedente : nel P/E si considera il prezzo attuale ma l'utile per azione dell'ultimo bilancio annuale , nel ROA o ROE si fa riferimento ai bilanci dell'anno precedente . Se questo può essere plausibile se si decide l'acquisto nel secondo o terzo trimestre dell'anno solare , è ancora accettabile se questo avviene nel quarto trimestre dell'anno solare o nel primo dell'anno successivo ? Oppure è meglio cercare le previsioni di chiusura del prossimo bilancio ? Alcuni analisti e operatori propendono per la prima soluzione , altri per la seconda , e noi ?
Se vogliamo inserire un altro criterio possiamo usare la durata della quotazione in Borsa . E' frequente trovare imprese quotate da poco che , per una serie di motivi , hanno fluttuazioni fortissime delle quotazioni ; se non supportato da una lunga storia di quotazione in borsa il nostro ansioso azionista avrebbe un elemento in meno a cui aggrapparsi per prendere una decisione razionale .
Possiamo quindi dire che abbiamo identificato diversi criteri con cui scegliere un portafoglio ed anche una strategia di investimento : 
a) destinare un ammontare prestabilito ad es. 100.000 €  ; teniamo conto che per ogni transazione si pagano spese , e che per ogni dividendo che viene distribuito si pagano spese che sono in alcuni casi fisse . Questo ci deve portare a stabilire quale è l'ammontare minimo che dobbiamo investire per ogni azione : supponiamo 20 azioni per 5.000 EURO ciascuna.
b) dividere in bimestri o trimestri l'investimento e , per ogni periodo , acquistare azioni di un numero prestabilito delle migliori tra le azioni che corrispondono ai criteri scelti . Se le azioni sono 20 e investiamo ogni trimestre , ne comperiamo 5 spendendo per ognuna 5.000 € . Qui la scelta è il momento difficile , e va integrata con un minimo di analisi grafica  : è meglio scegliere quella azione che ha i parametri migliori ma da un punto di vista grafico è ai massimi annuali o un'altra che ha parametri ancora interessanti , ma è intorno ai minimi dell'anno ?Ogni opinione è bene accetta.....
c) decidere in quale ambito geografico ed economico andare a scegliere le azioni . Investiamo tutto in Italia , o diversifichiamo per aree geografiche ? Quanto destiniamo per ogni area geografica ? Vogliamo un portafoglio con una diversificazione per settori industriali in modo da vedere rappresentate farmaceutiche , chimiche , meccaniche , oil , ecc. ? Anche in questo caso è una scelta collegata alla propensione al rischio : se scegliamo di destinare un ammontare rilevante dell'investimento agli emerging markets dobbiamo sapere che potremo avere alti ritorni con rischi maggiori ; se scegliamo - anche guidati dai nostri criteri di scelta - di focalizzare molte delle nostre risorse su un solo settore sappiamo di conseguenza che se la congiuntura non cambia possiamo guadagnare molto più di altri , ma siamo sovraesposti al rischio di cambio congiunturale .
d) se abbiamo deciso di investire in aree geografiche diverse possiamo trovarci esposti al rischio di cambio : vogliamo decidere come affrontarlo ? Evitiamo l'ipotesi che non ci preoccupi,  in questo caso non serve avere una strategia . Altrimenti potremmo avere alcune opzioni aperte .  La prima e più semplice può essere quella di coprirci ogni volta che facciamo una operazione  : se compriamo una azione USA spendendo 8.000 USD  nello stesso momento vendiamo 8.000 USD scadenza 1 anno (quando probabilmente rivenderemo l'azione ) ; questa strategia richiede che il nostro intermediario ci consenta di vendere valuta allo scoperto ed ha un suo costo per ogni operazione di acquisto/vendita . La seconda può consistere nella creazione di conti correnti nelle diverse valute in cui vogliamo operare depositando su ognuno di questi l'importo predefinito che abbiamo deciso di investire in quella valuta : potremo sempre decidere di convertire l'importo in EURO se dovessimo rilevare da un punto di vista grafico che è arrivato dei valori molto convenienti; questa strategia si prende a priori un rischio di cambio , ma poi consente di non pensarci più fino a quando non si verifichino condizioni particolarmente favorevoli per una conversione in EURO . 
Un ultimo punto : siamo proprio costretti a vendere dopo un anno ? Non potremmo stabilire qualche criterio per decidere chiudere la posizione anche prima della scadenza prestabilita ?

Nessun commento: